Libro bianco

Abstract

Il CDTI di Roma, coinvolgendo professionalità multidisciplinari quali medici, ricercatori, imprenditori, professionisti e dirigenti informatici,  ha costituito un gruppo di lavoro sulla Sanità Elettronica, e ha individuato nella tematica della Telemedicina una issue baricentrica nella discussione sulla E-Health, che consente di trattare e sostenere posizioni su quasi tutto lo spettro delle problematiche attualmente presenti nel settore.

Il gruppo di lavoro è stato impegnato per mesi nello sviluppo di un libro bianco “Telemedicina: dal dire al fare” che sarà reso pubblico in occasione del convegno fissato per il 16 Settembre 2014 a Roma, con le proposte del CDTI di Roma per un concreto e competente supporto alla “strategia di Governo” per la diffusione dei servizi di telemedicina nel territorio, riconosciuti come importante strumento di cura e assistenza ad integrazione dei servizi socio-sanitari esistenti, efficace per il contenimento dei costi e incremento dei servizi, motore di nuova occupazione nel mercato.

Sono due gli obiettivi che il libro bianco si pone:

  • di essere uno strumento di conoscenza approfondita delle linee guida e delle  tematiche che il Gruppo di Lavoro sta trattando, con l’obiettivo di suscitare un acculturamento ancora più ampio all’interno del Club.
  • di essere lo strumento completo per condividere le criticità e indicare le azioni necessarie per favorire la diffusione dei servizi di telemedicina nel territorio.

Un incontro virtuoso tra servizi di telemedicina e assistenza domiciliare:

  • La Telemedicina per assecondare i processi di cambiamento in atto nei sistemi sanitari e sociali
  • La Telemedicina come approccio standard ai processi di cura delle malattie croniche e dei processi post acuzie
  • La Telemedicina come strumento di erogazione di servizi equi e solidali sul territorio.
  • La Telemedicina come parte integrante del processo di cura:
    • approccio top-down (dal SSN al paziente passando per i MMG e gli enti erogatori del servizio)
    • approccio bottom up (affermazione della Telemedicina come plus nel processo di cura da parte del paziente e quindi percezione da parte del SSN della domanda crescente e sua sistematizzazione: DRG, protocolli etc..).
  • La Telemedicina come approccio standard ai processi di cura delle malattie croniche e dei processi post acuzie
    • tratti di analisi costi/benefici per il SSN
    • improvement dell’efficacia dei processi
  • Il ruolo del Sociale a complemento e supporto della Sanità

Linee guida

Le linee di indirizzo Nazionali per la Telemedicina, proposte dal Ministero della Salute ed approvate dalla conferenza Stato Regioni nel Febbraio 2014, sono solo un primo passo, che purtroppo ha impiegato un tempo più lungo del previsto (quasi tre anni) per arrivare al termine. Raccolgono almeno due decenni di esperienze nazionali ed internazionali del settore, hanno bisogno di essere continuamente aggiornate ed approfondite per seguire l’evoluzione delle tecnologie, dei modelli clinici e delle esigenze del sistema. Sono una grande opportunità per le regioni, per i cittadini ed anche per lo sviluppo del sistema salute Nazionale.
La scelta di denominare il documento “linee di indirizzo” piuttosto che “linee guida” nasce dal fatto che per un medico e per il sistema di cure il termine “linee guida” corrisponde ad una fattispecie ben definita, come si può approfondire al link dell’Istituto Superiore di Sanità, “centro” del Sistema Nazionale Linee Guida (www.snlg-iss.it); più genericamente le linee guida sono, nel settore medico, un sistema basato su evidenze relative a “best practices”, in italiano “eccellenze” nel campo della diagnosi e della cura, e sono frutto di una revisione della letteratura e propongono modelli che si sono dimostrati validi in grandi trial, spesso internazionali.
Le linee di indirizzo invece sono delle indicazioni di percorso, elaborate da esperti, pur non avendo evidenza di una “numerosità” di casi studiati secondo rigorosi criteri scientifici. Purtroppo ad oggi, pur essendo presenti forti suggestioni che la Telemedicina possa migliorare il sistema, non ci sono nel mondo “linee guida” validate o studi tali da consentire di elaborare delle linee guida secondo i criteri internazionali di definizione.
E’ però necessario che l’Italia si muova secondo “indirizzi” univoci o almeno analoghi nell’ambito di un sistema sanitario frammentato dalle diverse competenze regionali, di cui la telemedicina rischia di essere una vittima, non arrivando mai a raggiungere quella interoperabilità, significatività statistica ed economie di scala che in altri paesi, come ad esempio il Regno Unito, la Spagna, la Germania, sono già avviate.
Ma cosa ci aspetta ora, dopo l’emanazione? Le regioni, una volta che viene approvato un documento della conferenza stato regioni, hanno l’onere di renderlo operativo, pur nella diversità regionale delle problematiche cliniche, logistiche ed economiche. Il monitoraggio spetta al Ministero della Salute ma le finalità sono espresse chiaramente nell’articolo 1

Art. l
(Finalità)
l. Le presenti Linee di indirizzo rappresentano il riferimento unitario nazionale per la implementazione di servizi di Telemedicina. Esse individuano gli elementi necessari per una coerente progettazione e impiego di tali sistemi nell’ambito del SSN con l’obiettivo di:
a) fornire un modello di governance condivisa delle inerenti iniziative;
b) conseguire un’armonizzazione degli indirizzi e dei modelli di applicazione della Telemedicina, quale presupposto all’interoperabilità dei servizi e come requisito per il passaggio da una logica sperimentale a una logica strutturata di utilizzo diffuso dei servizi.

Manca però a volte il percorso operativo ed in questo gli estensori del documento hanno cercato di andare in aiuto delle regioni, strutturando le linee in modo che sia facile, in caso di gare o di progettazione di servizi, fare un “copia ed incolla” di alcuni passaggi per cercare di unificare il modello. Nell’articolo 3 si definisce lo strumento di controllo del recepimento delle linee di indirizzo.

Art. 3
(Recepimento delle linee di indirizzo)
• Il recepimento delle presenti Linee di indirizzo da parte delle regioni e province autonome è valutato in sede di verifica annuale degli adempimenti regionali da parte del Comitato permanente per la verifica dei Livelli essenziali di assistenza, di cui all’articolo 9 dell’Intesa sancita da questa Conferenza nella seduta del 23 marzo 2005 (Rep. Atti n. 2271)

Rimane comunque il dubbio che le “linee di indirizzo” non abbiano la forza sufficiente a superare la situazione attuale, disomogenea negli intendimenti e con diffusione a macchia di leopardo, anche se il documento sembra essere orientato prevalentemente verso questo obiettivo. Nella prima parte si cerca di creare un lessico comune, proponendo delle definizioni che ad oggi mancano; tale carenza rende difficile, se non impossibile, comparare i servizi a livello intra regionale, interregionale e all’interno dell’Unione Europea.

Si è partiti poi da una revisione attenta dei documenti europei, creando una “tavola sinottica” che permetta di riportare le esperienze nazionali in un contesto europeo.
Nei progetti regionali manca una riconducibilità, anche lessicale, ad un linguaggio clinico e tecnico che consenta di collegare assieme esperienze e progetti anche nell’ambito della stessa regione. Solo per fare un esempio il “telemonitoraggio” è un concetto clinico, nell’automobilismo si fa TELEMETRIA non TELEMONITORAGGIO, e se quest’ultimo in campo sanitario non viene ricondotto in un ambito clinico dettagliato e standardizzato non si riuscirà mai a raggiungere quella “massa critica” necessaria per proporre modelli nazionali validi che portino ad un miglioramento reale del sistema. La critica mossa alla telemedicina nazionale, l’essere “a macchia di Leopardo”, è corretta ma le macchie di Leopardo diventano funzionali, una pelliccia, quando sono…. attorno ad un Leopardo, la cui pelle è ottimamente progettata per lo scopo. In questa sezione del documento è stata sfruttata l’esperienza di coloro che, con alterni successi, hanno cercato di catalogare le “macchie” italiane ed è stato descritto un sistema di indicatori ed un linguaggio, oltre agli ambiti prioritari di intervento, che le regioni dovranno utilizzare.
In Italia, d’altronde, più che parlare di macchie di leopardo si dovrebbe parlare di “macchie di Rorshach”, quelle utilizzate in psicometria per valutare un soggetto. Ognuno fornisce una interpretazione personale, solo a lui comprensibile dell’immagine, in base al proprio vissuto. E così siamo alla telemedicina PERSONALIZZATA, da parte dell’azienda che vende il servizio, del medico che la utilizza, spesso senza un chiaro flusso di responsabilità o governo clinico del processo.
Il CENTRO EROGATORE ed il CENTRO SERVIZI sono due entità definite nel documento, e questo è uno dei suoi meriti; il primo è il centro sanitario, quello che ha la completa responsabilità medico legale dell’atto, mentre il centro servizi fornisce il supporto tecnico e tecnologico. In alcuni modelli questi centri possono essere uniti sul piano logistico, ma non senza che ci sia una chiara definizione di processo e di responsabilità. La telemedicina è prima di tutto un atto sanitario, che deve essere eseguito in osservanza di tutte le norme che regolano un atto sanitario e la particolare delicatezza del processo (ad esempio la mancanza di un contatto tra paziente e centro clinico) deve essere tenuta in considerazione. Se si vuole fare la TELECARDIOLOGIA si deve fare necessariamente riferimento ad un centro erogatore che sia autorizzato dal SSN per la CARDIOLOGIA.
Purtroppo nelle “macchie di Rorshach” della telemedicina italiana abbiamo verificato che questi aspetti spesso non sono stati tenuti nella giusta considerazione.
Passando poi al punto cruciale della sostenibilità economica, nel documento viene affrontato l’aspetto dell’inserimento all’interno del SSN di una prestazione di telemedicina che innanzi tutto viene definita chiaramente come una modalità di esecuzione di una prestazione.
Poi si chiarisce che, anche quando queste prestazioni vengono erogate da un centro privato, debbono essere garantiti alcuni criteri di qualità, sotto riportati:

“a) essere autorizzati all’esercizio dalla regione o dalle province autonome per la disciplina specialistica (…) per la quale si intendono erogare prestazioni di Telemedicina;
b) attenersi al Documento di definizione degli standard di servizio propri delle prestazioni di
Telemedicina erogate, definito dalla Regione, fatti salvi gli elementi di garanzia come descritti nel paragrafo 5.5.( documento di definizione degli standard di servizio)”

Infine si chiarisce per la rimborsabilità nel SSN che non si tratta semplicemente di definire una autorizzazione ma che bisogna definire percorsi clinico terapeutici INTEGRATI, di cui la telemedicina faccia parte e non sia semplicemente un fattore episodico ed occasionale essendo anche regolato da specifici accordi contrattuali (fig.1)

In particolare una prima via di rimborso conseguente a questo assunto è semplicemente quella di rimborsare la prestazione di telemedicina come una prestazione analoga eseguita per via tradizionale. Ad esempio le ASL non tariffano diversamente le prestazioni radiologiche eseguite con tecniche digitali o con tecniche analogiche; se si esegue un ECG, un Holter cardiaco o pressorio ed invece di andare in ambulatorio e scaricarlo via USB nel computer per refertarlo lo si scarica via internet si è sempre e semplicemente eseguito un ECG o un Holter. Perché non dovrebbe essere rimborsato se le condizioni CLINICHE e Tecniche di contorno sono corrette? Riportiamo integralmente il testo del documento:

Allo scopo di definire i principi di un sistema tariffario per la Telemedicina, una prima considerazione può essere fatta rispetto alle classificazioni e tariffazioni già presenti nel quadro normativo del SSN. L’utilizzo, infatti, delle tecnologie ICT può consentire l’erogazione di prestazioni che possono essere ricondotte alle 2 seguenti tipologie:
a) prestazioni già previste dai tariffari nazionali e regionali (in particolare nel nomenclatore tariffario delle prestazioni ambulatoriali e nel ICD9-CM), ma che vengono erogate, grazie all’utilizzo della tecnologia, in Telemedicina c che, in ogni caso, mantengono inalterato il contenuto sostanziale;
b) prestazioni previste dai tariffari nazionali c regionali, ma che, grazie all’utilizzo della tecnologia, vengono eseguite con modalità (in particolare in relazione al luogo, al momento e alla durata dell’osservazione) che possono concorrere ad un miglioramento del relativo contenuto diagnostico terapeutico e ad un rafforzamento del monitoraggio continuo.
Considerando le attività di Telemedicina riconducibili alla tipologia a) di cui sopra, si può ragionevolmente affermare che per tali prestazioni si debba fare riferimento alla corrispondente descrizione e tariffa del nomenclatore tariffario, valutando in ogni singolo caso – con specifico c analitico riferimento all’uso della tecnologia (hardware, software e connettività) – 1′ eventuale valorizzazione della diversa modalità di erogazione.
Per le attività di Telemedicina riconducibili alla tipologia b) di cui sopra, si potrà sempre fare riferimento alla tariffa già presente, ma la descrizione e il valore andranno necessariamente modificati in relazione al diverso contenuto della prestazione.

Fatta la disamina del documento, e dopo averne evidenziato i pregi, è necessario però sottolineare alcune delle criticità che da esso emergono.
Ogni provvedimento normativo, siano pure delle linee di indirizzo, necessita di un “motore”, di processi di check, di strumenti autocorrettivi al fine di raggiungere gli obiettivi proposti; l’attuazione delle linee di indirizzo è demandato ad una commissione tecnica paritetica Ministero Salute – Regioni, che tra l’altro non risulta ancora insediata; tale commissione deve recepire dalle regioni eventuali criticità sorte nell’adozione dei criteri, e segnalarle nell’ambito del Comitato permanente per la verifica dei LEA, che si riunisce con cadenza annuale. Quindi, gli input al processo sono “eventuali”, non hanno alcun profilo di obbligo normativo e non sono previste esplicitamente procedure di “forward feedback” a seguito delle segnalazioni.
Inoltre, sono gli obiettivi complessivi ad essere molto vaghi; al di là di un pregevole (se non altro perché non era mai avvenuto prima) sforzo definitorio di classificazione degli ambiti, delle finalità e dei servizi, nonché, e decisamente molto più importante, della definizione organizzativa di una struttura erogante dei servizi, si tralascia riducendola a possibile opzione la tematica fondamentale della individuazione e definizione di DRG specifici, lasciando ai SSR l’individuazione di quote parte dei DRG esistenti quali riconoscimento dei servizi di telemedicina erogati.
Meritorio poi il tentativo di delineare il processo di accreditamento, anche se si ricava la netta sensazione che non si sia esplicitata appieno la specificità tecnologica della natura del servizio; si ha la sensazione che procedere tramite i processi di accreditamento tradizionali delle strutture convenzionate si risolva in una impossibilità pratica a giungere alla fine del processo.
Su tutto ovviamente poi aleggia la pratica impossibilità ad accreditarsi con successo, al di là delle difficoltà tecniche, vista la carenza strutturale di fondi in bilancio particolarmente evidente nelle realtà regionali sottoposte a piani di rientro.
Per concludere, ci auguriamo che il documento venga reso operativo al più presto e questo augurio dovrebbe essere fatto proprio da tutti coloro che hanno a cuore la telemedicina in Italia. Sono molti altri gli aspetti importanti di un documento fin troppo breve per la ricchezza dei contenuti, che può essere, se ben usato, una pietra miliare per lo sviluppo della telemedicina in Italia, portando a fattor comune anni di esperienze nazionali che non sono mai arrivate a fare realmente parte del sistema salute.

Una iniziativa “Faro”  (un decreto del Governo “ad hoc”?) che fonda le sue radici su: 

  • Analisi del mercato  del welfare (affidato a Istituto Superiore Sanità ISS ?)
  • Ripartizioni del mercato per patologie e costi socio sanitari (affidato a ISS ?), con evidenza delle patologie croniche più frequenti,  ma anche qualsiasi altro tipo di bisogno (es. in conseguenza di incidente)
  • Valutazione del ruolo delle tecnologie nella definizione di leggi, decreti ministeriali, scelte strategiche del settore sanitario e sociale (es. nelle Case della Salute, nelle UCCP, nelle cure intermedie, nelle reti di patologia hub-spoke)
  • Riconoscimento ed inserimento delle soluzioni di telemedicina come approccio standard nei processi di cura delle patologie croniche e di post-acuzie (dimissioni protette)
  • Definizione di nuovi criteri per l’accreditamento di Centri Erogatori che saranno necessariamente in parte diversi dagli attuali requisiti richiesti ai Poliambulatori medico specialistici

I numeri

Sanità Digitale: dal fare al curare


TELEMEDICINA: DAL DIRE AL FARE LIBRO BIANCO Roma, Luglio 2014

Tavola rotonda “Telemedicina: dal dire al fare”